Al
Rettore della Facoltà di Architettura di Venezia
e a tutti i giovani architetti e studenti di Architettura
La Biennale
di Venezia non è più casa nostra,
di tutti noi cittadini;
è oggi soltanto di amici
che provvedono a tenerla in piedi.
La
canzone
oh
bella, bella, bella
la storiella del Canadà:
se volete sentire quella
ragazzine venite qua...
che si cantava quando ero giovane e la Biennale giovanissima, torna
oggi a proposito.
La Biennale allora era casa nostra, perché era statale, la mantenevamo
tutti noi cittadini con i nostri soldi, come tutte le altre cose dello
Stato.
Adesso non è più così e la storiella
che si può raccontare alle ragazzine è che la Biennale
è monopolio di alcune persone che ne godono il nome a loro favore.
Di queste cose mi sono accorto ieri quando, invitato in extremis dalla
Biennale a parlare al Piccolo Teatro dellArsenale della mia Città
Ideale, unico progetto di città che si possa costruire in qualsiasi
parte del mondo, sia per ampliare vecchie città senza rovinarne
limmagine, sia in qualsiasi altra parte non abitata, mi sono accorto
di essere lì come un uovo fuori dal paniere.
In questa occasione ho capito come mai la Biennale non mi aveva invitato
prima: non mi aveva invitato prima perché sotto il nome di Città
Ideale alcuni amici della Biennale avevano bisogno di smerciare
alcune loro abituali tradizionali lottizzazioni.
Eullero. Eullero, è triste ma è vero
Ieri alla Biennale mi sono sentito come quelluccello tanto caro
a Beethoven, il cuculo, che mette il suo uovo nel nido degli altri:
chissà se gli altri, quando se ne accorgono, lo sbatteranno fuori
o se mai, sotto il nome della Biennale, riusciranno a rivenderlo come
Arte? Si salverebbero capra e cavoli!
Guglielmo
Mozzoni
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